La discrezionalità dell'Ente nel regolamento TARI/TARSU
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 14404 del 23/05/2024 ha rigettato il ricorso presentato da una Società, avverso un avviso di pagamento TARSU (anno di imposta 2007), in cui l’Ente impositore, nello schema di calcolo dell’importo dovuto per la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, aveva applicato la tariffa prevista per “depositi, magazzini, autorimessa, autolavaggi, garages” invece di prevederne una apposita per l’area scoperta adibita a parcheggio.
La società riteneva che l’Ente avesse dovuto prevedere un’apposita sottocategoria per le aree adibite a parcheggio, avendo queste una propria peculiare potenzialità alla produzione di rifiuti da tenere ben distinte da quelle dei “depositi, magazzini, autorimessa, autolavaggi, garages” e ne chiedeva la disapplicazione del Regolamento comunale.
Nelle proprie argomentazioni la Suprema Corte, ha ritenuto opportuno fare cenno a quanto stabilito all’art. 68, comma 1, lett, a), del d.lgs. n. 507 del 1993, in materia di “Regolamenti”, in cui si legge: “per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:
a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria".
Al comma 2 dello stesso articolo citato si legge: "L'articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:
a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari;
b) complessi commerciali all'ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo-turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati;
c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri; (…) ".
Dunque, la normativa analizzata delega all’Ente “l’adozione di un regolamento che, in materia di TARSU, contenga una classificazione degli immobili per gruppi (e, eventualmente, sottogruppi) omogenei, in base alla loro attitudine a produrre rifiuti e, dunque, ad incidere sui costi del servizio. Tale classificazione costituisce la base per differenziare le tariffe tra le varie categorie o sottocategorie di immobili, previste nel regolamento e presenti sul territorio comunale. A sua volta, l'art. 42 del testo unico sugli enti locali, approvato con d.lgs. n. 267 del 2000, con riferimento alle attribuzioni del consiglio comunale, prevede, al comma 2, lett. f), che il consiglio ha competenza limitatamente a determinati atti fondamentali, tra cui (lettera f) vi sono l'istituzione e l'ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote.”
E' nelle facoltà dell’Ente prevedere ulteriori tipologie di utenze o di sottocategorie nell’ambito della stessa tipologia di utenza e questo rientra “nell'ambito della discrezionalità tecnica di orientamento politico-amministrativo, insindacabile in sede giudiziaria» (così Cass., Sez. T, 4 marzo 2015, n. 4321 e nel medesimo senso, tra le tante, Cass., Sez. T, 6 agosto 2019, nn. 20964, 20965, 20966 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Rilevato che non sussistono elementi per poter considerare il Regolamento comunale illegittimo, i giudici sottolineano che, in riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini TARSU, l’Ente può scegliere di equiparare l’area scoperta adibita a parcheggio all’area coperta adibita garage, in quanto questa scelta rientra nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall'ordinamento e non vietata da alcuna norma statale.
Nella sentenza si legge: “L’applicazione di una determinata tariffa, da parte degli enti locali, è indipendente dalla destinazione d'uso dell'immobile, ma può essere ancorata all'attività che venga concretamente svolta al suo interno, come consentito dall'art. 62, comma 4, del d.lgs. n. 507 del 1993. Non è pertanto viziato da illegittimità, né può essere disapplicato, ai sensi dell'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, il regolamento comunale che, con riferimento alla determinazione della tariffa da applicare ai fini TARSU, equipara l’area scoperta adibita a parcheggio all’area coperta adibita garage, poiché si tratta di una scelta discrezionale del Comune, effettuata nei limiti della potestà impositiva ad esso attribuita dall'ordinamento e non vietata da alcuna norma statale v. Cass. n. 11545/2022, non massimata; Cass. n. 5358/2020; Cass. n. 5355/2020, massimata; Cass. n.. 33545 del 2019; Cass. 8308 del 2018; Cass. n. 16175 del 03/08/2016). Tanto più che il regolamento comunale ha utilizzato i criteri stabiliti dal d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (c.d. “metodo normalizzato”), nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga”, commisurando la tariffa alle quantità (e qualità) media ordinaria di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi ed alla tipologia dell’attività svolte, nonché al costo del servizio del ciclo integrato dei rifiuti; difatti, la tabella 4 del predetto d.P.R. individua una unica categoria per autorimesse e magazzini senza vendita diretta(v. Cass. n. 6924/2024; Cass. 5504/23; Cas. n. 1003/2023). 9.1. L’applicazione di una determinata tariffa ai fini TARSU, infatti, è indipendente dalla destinazione d’uso dell’immobile, in quanto lo stesso legislatore, con l’art. 62, comma 4, del d.lgs. n. 507 del 1993, ha conferito agli enti locali il potere di applicare la tariffa in base all’attività economica concretamente svolta all’interno dell’immobile.” (..)
La Suprema Corte ritiene che la riconduzione del parcheggio scoperto nella categoria tariffaria dei magazzini, depositi, garages, autolavaggi è coerente con la classificazione legislativa.