Anac ricorda il divieto di pantouflage
ANAC evidenzia in un comunicato che la pratica del pantouflage, delle cosiddette “porte girevoli", per cui pubblici dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per le pubbliche amministrazioni, vengono poi assunti dagli stessi soggetti privati destinatari dei provvedimenti, è proibita dalla legge italiana. Il decreto legislativo N.165 del 30 marzo 2001 stabilisce oggi che nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, i dipendenti pubblici non possono essere assunti o svolgere incarichi per gli stessi privati, oggetto dei loro precedenti provvedimenti. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di ciò sono nulli, ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti.
L’Autorità Anticorruzione è chiamata direttamente a vigilare sui casi di pantouflage, e proprio la maggiore attenzione e impegno su questo fronte sarà al centro del prossimo Piano Nazionale Anticorruzione che Anac sta predisponendo. L’Autorità ha anche recentemente inviato un atto di segnalazione al Parlamento con proposte di rafforzamento dell’istituto, e soprattutto possibilità di applicarlo al meglio. La norma che regola l’applicazione delle sanzioni riguardanti casi di pantouflage è estremamente scarna, e ciò crea evidenti difficoltà applicative.
Pertanto, da una parte Anac sollecita Parlamento e Governo a estendere l’applicabilità del pantouflage negli enti di diritto privato in controllo pubblico e regolati da figure dirigenziali che abbiano partecipato all’adozione dei provvedimenti autorizzativi o negoziali. Dall’altra, in forza del proprio potere di vigilanza in merito a casi di pantouflage, Anac evidenzia la necessità di precisare e rendere più organica la disciplina delle tipologie sottoposte al divieto. Attualmente, infatti, esiste un automatismo delle sanzioni, senza alcuna gradualità o valutazione di fattispecie diverse, prevedendo il testo di legge una sanzione inibitoria, come conseguenza automatica della dichiarazione di nullità dell’incarico. Per l’Autorità è necessario riconsiderare la formulazione del dispositivo al fine di valutare l’elemento psicologico sotteso alla violazione del divieto.
Inoltre, la sanzione del divieto di contrattazione con le pubbliche amministrazioni per tre anni, in certi casi di minore gravità appare sproporzionata con riferimento alla durata prevista. Occorre, pertanto, poter graduare il periodo di interdizione, ancorando ad elementi oggettivi valutabili, caso per caso, in sede di applicazione della sanzione stessa.
Secondo Anac, altrimenti, il rischio è che gli effetti difficilmente potrebbero essere ritenuti legittimi alla luce del principio di proporzionalità che deve sempre connotare l’azione amministrativa. Il divieto a contrattare imposto in conseguenza dell’accertata ipotesi di pantouflage finisce di fatto per paralizzare l’attività del soggetto privato.
L’Autorità suggerisce un intervento del legislatore volto a configurare un nuovo regime basato fondamentalmente su un sistema di sanzioni pecuniarie e interdittive, via via crescenti a seconda della gravità delle violazioni. In particolare, le sanzioni interdittive andrebbero graduate sia con riferimento alla loro durata, con indicazione di un valore minimo e un valore massimo, sia differenziando tra sanzioni interdittive riferite alla sola amministrazione di provenienza, e sanzioni riferite al complesso delle pubbliche amministrazioni.
Con riferimento a un caso specifico di presunto pantouflage, Anac è intervenuta con la delibera N. 225 dell’11 maggio 2022. Anche in ragione dei limiti normativi che Anac chiede da tempo di superare, l’Autorità ha proceduto con l’archiviazione del procedimento sanzionatorio riguardante l’ex presidente di un’autorità portuale. E’ stato ritenuto di rilevanza assorbente l’elemento psicologico in capo ai vari soggetti considerati concorrenti nella realizzazione della condotta. I soggetti del procedimento, infatti, hanno dimostrato di non sapere, dato che erano parte di un gruppo internazionale molto ampio e articolato, composto da società diverse, operanti in ambiti diversi. Peraltro, nel caso specifico, non vi erano contatti dalla società in questione con la Pubblica Amministrazione italiana.
Nella delibera Anac ribadisce che “un pieno automatismo nell’applicazione di sanzioni amministrative, peraltro particolarmente afflittive quali quelle in esame, possa essere in contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, e con i principi informatori della disciplina regolante le sanzioni amministrative”. Anac ha poi sottolineato che “in linea con i principi generali dell’ordinamento nazionale e di quello comunitario, le valutazioni circa la sussistenza dell’elemento psicologico debbano essere svolte anche con riferimento alla sanzione amministrativa interdittiva”.
“Ne consegue – secondo Anac- che occorra valutare la sussistenza del profilo psicologico della consapevolezza in capo ai soggetti privati potenziali destinatari della sanzione interdittiva”.