Ammissibilità della revoca della concessione anche dopo la stipula della convenzione
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2696/2024 del 20.3.2024, si è pronunciato in merito ad una controversia relativa alla revoca di una concessione per la gestione e l’uso di un impianto sportivo nel caso in cui la revoca stessa si fonda sulla situazione di fatto evolutasi in senso contrario all’interesse pubblico perseguito, individuabile nella massima fruibilità dell’impianto, nella valorizzazione delle realtà locali e nell’esigenza di qualificare l’impianto sportivo.
Nel caso esaminato dal Giudice del gravame, l’appellante lamentava l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione evidenziando che la revoca ex art. 21-quinquies L. n. 241 del 1990 “non poteva trovare applicazione nel caso di specie poiché intervenuto nella fase successiva a quella di stipulazione del contratto”, dal momento che per i “contratti ad evidenza pubblica, come nel caso oggetto di odierna impugnazione […] la pubblica amministrazione non è legittimata a svincolarsi dal rapporto contrattuale, attraverso il semplice esercizio del potere di revoca”.
Con la succitata sentenza il Consiglio di Stato ha osservato che nel caso esaminato il rapporto che si è instaurato fra Comune ed il gestore dell’impianto “anche se è stato preceduto da una procedura a evidenza pubblica, è un rapporto concessorio di diritto pubblico, nel quale si confrontano una posizione di autorità e una (connessa) situazione di interesse legittimo” e, pertanto, “resta consentita, anche in costanza di rapporto esecutivo, la revoca in quanto espressione del potere autoritativo”.
Il Consiglio, inoltre, rileva che “nel caso in cui la stipula del contratto dia luogo a un rapporto giuridico paritetico fra parte pubblica e parte privata, titolari quindi di (reciproche) situazioni giuridiche di diritti soggettivi e di obblighi giuridici, successive sopravvenienze debbono essere gestite (fatte salve le specifiche previsioni di legge, che comunque non sono idonee a mutare un rapporto che rimane privatistico) attraverso l’esercizio del potere di recesso, previsto in generale dall’art. 21 sexies della legge n. 241 del 1990, e in termini più specifici dal codice dei contratti pubblici”, tuttavia, ciò non avviene “nel caso in cui la stipulazione del contratto non modifica la qualificazione del rapporto, che continua, anche dopo il perfezionamento del negozio, la qualificazione di rapporto di diritto pubblico”.
Il Collegio osserva che “la concessione, dal punto di vista dell’ordinamento italiano, non esaurisce la sua funzione pubblica nel momento in cui, attraverso il provvedimento amministrativo, a seguito di una procedura, viene individuato il concessionario e affidato al medesimo il servizio” essendo caratterizzata da “una riserva di amministrazione (quindi in un settore di interesse pubblico), è tesa alla regolamentazione e al controllo dell’esercizio della prerogativa concessa”, pertanto, la missione pubblicistica “è proprio quella di garantire l’implementazione di quella prerogativa e, nel caso di concessione di bene pubblico, lo sfruttamento del bene nel senso delineato dalla concessione” e da ciò “trova ragion d’essere l’impostazione che ammette la revoca della concessione e della convenzione accessiva in costanza di rapporto esecutivo, “restando consentita la revoca di atti amministrativi incidenti sui rapporti negoziali originati dagli ulteriori e diversi contratti stipulati dall’amministrazione, di appalto di servizi e forniture, relativi alle concessioni contratto (sia per le convenzioni accessive alle concessioni amministrative che per le concessioni di servizi e di lavori pubblici), nonché in riferimento ai contratti attivi” (Cons. St., ad. plen., 20 giugno 2014 n. 14).
Per concludere, a parere del Consiglio di Stato, “indipendentemente dalla procedura svolta per scegliere il contraente, è la natura del contratto a determinare il regime delle cause estintive del rapporto una volta stipulato il contratto”.