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Amministratori di società pubblica: sempre vigenti i limiti sui compensi

Con deliberazione n. 19/2024/PAR, riscontrando la richiesta di parere posta da un Ente locale, la Corte dei Conti Lombardia ha ribadito l’attuale vigenza, nonché l’inderogabilità, delle prescrizioni di cui agli artt. 4, c. 4 del D.l. 95/2012, convertito nella legge n. 135/2012, e 11, c. 6 e 7, del D.lgs. 175/2016 (TUSP) in merito ai compensi dell’organo amministrativo di una società a partecipazione pubblica ed ai limiti posti sugli stessi.

In particolare, evidenziando il mutato contesto operativo della società, “anche in relazione a ulteriori servizi affidati alla predetta società, a un incremento del fatturato della stessa rispetto al fatturato storico, oltre a un oggettivo aggravio di compiti e responsabilità”, ha chiesto se fosse “possibile derogare ai limiti imposti dalla normativa di riferimento e adeguare il compenso inizialmente fissato per l'amministrazione della società nelle more dell'emanazione del Decreto Ministeriale previsto dall'art. 11, comma 6 del T.U. n. 175/2016, che disciplinerà i nuovi criteri di determinazione dei compensi spettanti agli organi amministrativi delle società pubbliche”.

La Magistratura contabile ha quindi sottolineato che la lettura coordinata delle menzionate disposizioni è chiara e “non lascia adito a dubbi interpretativi, derivando, quale logica conseguenza, secondo giurisprudenza contabile consolidata che, per effetto del rimando del ridetto comma 7 dell’art. 11, citato, all’art. 4, comma 4, secondo periodo del d.l. n. 95/2012, … “rimane in vita, in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 175 del 2016, il limite finanziario costituito dal costo sostenuto per compensi all’organo di amministrazione nel 2013"”.

Operando espliciti richiami a precedente giurisprudenza sul punto, la Sezione ha ribadito che “l’art. 4, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, stante la sua natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, non può essere derogato neanche nel caso in cui alle società in questione vengano attribuiti nuovi compiti o esse siano investite da un processo di riorganizzazione, né in considerazione dei nuovi e maggiori incarichi assunti dagli amministratori, della complessità delle funzioni svolte e della relativa assunzione di responsabilità da questi assunte. (…) La menzionata disposizione, infatti, inserita nella normativa della “spending review”, e preordinata all’ottenimento del più ampio risparmio possibile di pubblico denaro a beneficio del bilancio dell’ente e della cosiddetta finanza pubblica allargata, ha introdotto un vincolo tassativo”.

Pertanto è stato espresso parere negativo in relazione al quesito avanzato dall’Amministrazione locale, osservando come “il chiaro tenore letterale dell’attuale quadro normativo, delineato dal combinato disposto delle norme richiamate” permetta di concludere che la determinazione dei compensi degli amministratori “deve ancora ritenersi ancorata al parametro del costo storico dell’esercizio 2013, giusta previsione dell’art. 4, comma 4 del d.l. n. 95/2012, senza possibilità di revisione in aumento; ciò nell’attesa che operi il nuovo regime rimesso alla fonte regolamentare ex art. 11, comma 6, Tusp (c.d. “decreto fasce”), diversamente ancorato ad “indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi” della struttura societaria partecipata dalle amministrazioni pubbliche.”