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Affidamenti in house: essenziale il confronto col mercato

Con deliberazione n. 6/2022/PRSE la Corte dei Conti Valle d’Aosta ha ricordato che, per gli affidamenti diretti ad organismi partecipati dall’Ente locale ed operanti secondo il modello in house providing, è necessario fornire, “ai fini della legittimità della scelta operata, la c.d. “motivazione rafforzata”, che si configura in presenza:

- di una adeguata e congrua dimostrazione dell’incapacità del mercato di offrire il servizio de quo alle medesime condizioni, qualitative, economiche e di accessibilità, garantite dal gestore oggetto del controllo analogo;

- della sussistenza di specifici benefici per la collettività derivanti dall’affidamento diretto del servizio in house”.

In materia è altresì intervenuto il Consiglio di Stato che, nella sentenza 3562/2022, ha, in particolare, ricordato l’importanza della valutazione della convenienza economica della scelta di avvalersi degli affidamenti in house providing rispetto al ricorso al mercato.

Trovando la relazione predisposta da parte di un Ente locale “carente, non tanto nella parte dedicata alla motivazione, in astratto, della preferenza per una gestione integrata dei servizi … da affidare alla società in house … quanto nella parte dedicata alla valutazione della convenienza economica in concreto in tale scelta”, i giudici hanno sottolineato che, al fine di soddisfare i requisiti richiesti dall’art. 192, co. 2, D.lgs. 50/2016, l’Amministrazione dovrebbe sviluppare “in termini concreti un’indagine quali-quantitativa” esplicitando “le ragioni della preferenza, in modo da rendere intellegibile e controllabile la congruità economica dell’offerta”. In tal senso è essenziale la presenza dell’effettivo confronto tra i dati dell’offerta della società in house “e i dati degli operatori economici privati operanti nel medesimo territorio”, in quanto “in mancanza di detta attività istruttoria” la valutazione di convenienza economica proposta risulta “del tutto svincolata dal raffronto con il ricorso al mercato.”.

Il Consiglio ha ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha proposto, nel corso degli anni, un’interpretazione delle disposizioni sull’onere motivazionale ex artt. 192, co. 2, del D.lgs. 50/2016 e 34, co. 20, del d.l. 179/2012, ritenendo che:

- ai sensi del citato art. 192, co.2, “l’amministrazione sia chiamata ad effettuare una scelta per l’individuazione della migliore modalità di gestione del servizio rispetto al contesto territoriale di riferimento e sulla base dei principi indicati dalla legge, esercitando i propri poteri discrezionali al fine di tutelare l’interesse generale al perseguimento degli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e qualità del servizio”, ma con valutazioni che “riguardando l’organizzazione del servizio e la praticabilità di scelte alternative da parte del Comune, devono essere svolte in concreto, con un’analisi effettuata caso per caso e nel complesso””;

- che i sopra richiamati riferimenti normativi “pongono alle amministrazioni un onere di istruttoria e motivazione “rafforzati” per l’in house providing (cfr. Cons. Stato, V, 23 febbraio 2021, n. 1596);”

- “che … con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il servizio più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza”.