Affidamenti diretti e proroga contratti – per configurare il danno erariale deve essere provato il “danno alla concorrenza”
La Corte dei Conti sezione Giurisdizionale per la Basilicata è stata chiamata a decidere sulla sussistenza di danni erariali subiti da un Comune in conseguenza dell’abuso delle proroghe contrattuali disposte in favore di una società originariamente assegnataria di un servizio.
Il Collegio con sentenza n. 70/2024 ha ritenuto infondata la pretesa risarcitoria rilevando che la Procura “non ha offerto un sufficiente quadro probatorio del danno erariale derivante dalla contestata violazione delle regole dell’evidenza pubblica, che funge da imprescindibile presupposto della responsabilità amministrativa fin dal remoto art. 83 del R.D. n. 2440/192”.
La Corte, richiamando autorevole e risalente giurisprudenza, ha ricordato che il c.d. “danno alla concorrenza” “non diversamente da qualunque altra tipologia di danno patrimoniale, non può ritenersi sussistente “in re ipsa” per il solo fatto, cioè, che sia stato illegittimamente pretermesso il confronto tra più offerte”, l’omissione della gara, piuttosto, “costituisce un indizio di danno, in quanto suscita il sospetto che il prezzo contrattuale non corrisponda al minor prezzo che sarebbe stato ottenibile dal confronto di più offerte. Trattandosi, però, pur sempre e soltanto di un sospetto, occorre dimostrare che effettivamente nel caso concreto la violazione delle norme sulla scelta del contraente abbia determinato una maggiore spendita di denaro pubblico; dimostrazione che potrà essere raggiunta con il ricorso a ogni idoneo mezzo di prova, quale può essere la comparazione con i prezzi o con i ribassi conseguiti a seguito di gara per lavori o servizi dello stesso genere di quello in contestazione. Ed è ovvio che solo in ipotesi di dimostrata esistenza del danno potrà farsi ricorso alla liquidazione con valutazione equitativa, che – come è ben noto - è prevista dall’art. 1226 c.c. proprio per sopperire alla impossibilità 10 o, comunque, alla particolare difficoltà di quantificare un danno di cui sia, però, certa l’esistenza» (cfr. C.d.c., Sez. II app. sent. n. 198/2011; cfr. anche, ex pluribus, le più recenti sentenze n. 99/2019, della stessa Sezione, e n. 392/2022 della Sez. I app.).
il Giudicante, pertanto, nel caso esaminato ha stabilito che “in assenza di ulteriori evidenze istruttorie, da fornire a carico di parte attorea, e non essendo all’uopo idonea l’inconferente produzione dello studio sui ribassi medi, non rientrante nei parametri invocati nell’atto introduttivo per la formulazione del petitum, non vi sono elementi per ritenere perfezionata la prova del lamentato danno alla concorrenza”.
In buona sostanza, al fine di configurare il danno erariale e per la risarcibilità dello stesso la magistratura requirente ha l’onere, anche in presenza di apparente violazione del principio di rotazione e di proroghe contrattuali succedutesi nel tempo, di provare l’effettivo “danno alla concorrenza” avendo, sul punto, l’omissione della gara solo forza indiziaria e non probatoria.