Accrual, da individuare bene i criteri di valutazione
Uno dei compiti più delicati richiesti dalla riforma contabile PNRR 1.15 Accrual è sicuramente la corretta valutazione delle poste contabili dell'attivo e del passivo.
I criteri di valutazione applicabili ad un’attività o a una passività sono diversi. La scelta di un criterio specifico deve soddisfare gli obiettivi della rendicontazione finanziaria per finalità informative generali e rispettare i postulati e i vincoli dell’informazione presentata nel bilancio di esercizio.
I criteri di valutazione applicabili ad un’attività o a una passività sono riconducibili ai modelli a valori storici e a valori correnti. Il costo storico è il criterio fondamentale nell’ambito del modello valutativo a valori storici. Nel modello a valori correnti si fa solitamente riferimento al fair value.
Il costo storico è il corrispettivo dovuto per acquistare dall’esterno, ovvero il sacrificio economico sostenuto per produrre all’interno, un’attività (logica speculare per le passività). Il corrispettivo è pari al denaro o suoi equivalenti e al valore delle altre risorse scambiate al momento dell’acquisto. Il sacrificio economico sostenuto per la produzione interna è pari al valore delle risorse consumate al momento della produzione dell’attività.
Le attività sono rilevate inizialmente al loro costo di acquisto o di produzione. Successivamente il valore iniziale viene ridotto nel tempo per tener conto della diminuzione del potenziale di servizio o dei benefici economici ritraibili dall’attività, dovuti al consumo o ad altre cause. Caratteristica del criterio del costo storico è che il valore contabile di un’attività non viene modificato, nell’arco della sua vita utile, per evidenziare cambiamenti nei prezzi o incrementi nel valore dell’attività, salvo casi particolari, disciplinati da singoli standard.
Alcuni importanti vantaggi del costo storico si rilevano in relazione ad alcuni postulati e vincoli dell’informazione. Il valore iniziale delle attività, soprattutto nel caso del costo di acquisto, è un’informazione verificabile, che può essere prodotta tempestivamente e in modo relativamente poco costoso, perché osservabile direttamente nei valori di scambio. Inoltre, il costo storico è determinabile in modo tale da rispettare i postulati e i vincoli dell’informazione anche per quelle attività per le quali non esista un mercato aperto, attivo e ordinato, come le attività ad elevata specializzazione. L’applicazione del criterio del costo storico risponde a prudenza, perché evita il riconoscimento di incrementi di valore nelle attività prima che questi siano monetariamente realizzati. Infine, il costo storico è un concetto facilmente comprensibile dai redattori e dagli utilizzatori del bilancio d’esercizio.
La valutazione iniziale al costo storico consente di rappresentare in modo veritiero e corretto la sostanza economica che si propone di rappresentare, ovverosia il costo sostenuto per acquistare o produrre un’attività sulla base delle specifiche operazioni di acquisto o di produzione realizzate.
L’applicazione del costo storico richiede generalmente un minor grado di discrezionalità valutativa rispetto agli altri possibili criteri di valutazione e questo migliora la verificabilità delle informazioni presentate nel bilancio di esercizio. Ciò non significa che, nell’arco della vita utile di un’attività, la valutazione al costo storico non richieda ipotesi e valutazioni soggettive. Queste sono necessarie, ad esempio, ai fini della determinazione del costo di produzione, del costo di acquisto dei beni fungibili e della perdita di valore di un’attività dovuta al consumo o ad altri eventi.
Uno svantaggio del costo storico risiede nei limiti alla comparabilità dell’informazione. Difatti, non è possibile comparare i valori contabili di attività identiche o simili, quando le date di acquisizione siano distanti nel tempo e si siano verificate significative variazioni nei prezzi. Gli stessi limiti si estendono alla comparabilità dei costi dei servizi erogati, ad esempio tra due amministrazioni, quando le date di acquisizione e i valori delle attività impiegate nella produzione degli stessi differiscano significativamente.
I criteri di valutazione delle attività riconducibili al modello a valori correnti riflettono le condizioni economiche prevalenti alla data del bilancio di esercizio. I criteri applicabili alla valutazione di un’attività a valori correnti sono:
a) valore di mercato;
b) costo di sostituzione
c) prezzo netto di vendita;
d) valore d’uso.
Il valore di mercato
Il valore di mercato è il valore al quale un’attività potrebbe essere scambiata tra parti consapevoli e disponibili in una libera transazione.
Il prezzo netto di vendita (o valore netto di realizzo) differisce dal valore di mercato perché considera quanto l’amministrazione può ricavare dalla cessione dell’attività tenuto conto delle condizioni specifiche della transazione e al netto dei costi di vendita. È un criterio di valutazione alternativo al valore di mercato ed è applicabile, in particolare, ai beni per i quali la destinazione economicamente più conveniente sia la vendita.
Il costo di sostituzione è il costo minimo che l’amministrazione dovrebbe sostenere per sostituire il potenziale di servizio di un’attività (comprensivo del valore che l’amministrazione otterrà dall’alienazione dell’attività al termine della sua vita utile) alla data del bilancio di esercizio.
Il valore d’uso è il valore attuale del residuo potenziale di servizio di un’attività o della sua residua capacità di generare benefici economici, nell’ipotesi che essa continui ad essere utilizzata, incluso il valore netto ottenibile dalla cessione dell’attività al termine della vita utile.