Accordo di collaborazione: con la società in house è rilevante IVA
La Risposta n. 532/2021 dell'Agenzia delle entrate chiarisce che anche le somme erogate a titolo di "contributo" da una amministrazione pubblica ad una società (nel caso di specie "in house") sulla base di un accordo di cooperazione orizzontale di cui all'articolo 15 della legge n. 241 del 1990 ed articolo 5 del D.Lgs. 50/2016, seppur nella misura dei soli costi sostenuti per la produzione delle attività che questa si è impegnata a svolgere, sono rilevanti IVA ai sensi dell'art. 3 del DPR 633/1972, sussistendo un nesso diretto tra l'esborso e le prestazioni eseguite.
Di diverso avviso era la società Istante, ritenendo non sussistente il presupposto oggettivo in quanto: "L'accordo di collaborazione non prevede alcuna forma di remunerazione a favore di Alfa per le attività svolte nell'ambito dello stesso, e tali attività sono volte ad un comune raggiungimento, più efficace ed efficiente, delle finalità istituzionali delle due amministrazioni e di interesse collettivo".
Le considerazioni e le conclusioni svolte dall'Amministrazioni finanziaria, seppur in linea con orientamenti precedenti, sono di interesse: risolta a monte, nel caso di specie, la questione della soggettività passiva - trattandosi di società commerciale, seppur nella forma "in house" - la rilevanza IVA o meno di una somma non è qualificabile come tale solamente in base al nomen attribuito (contributo) o alla natura dell'atto nel quale è inserito (accordo ricondotto alla L. 241/1990), quanto piuttosto dal fatto che, a prescindere dalla copertura o meno integrale dei costi, sussista un nesso diretto tra il rimborso e la prestazione eseguita (in base alle clausole contrattuali, in particolare per la presenza di un diritto di recesso, e sussistendo una correlazione con le attività da svolgere)
Evidenzia infatti l'Agenzia delle entrate che "a prescindere dalla riconducibilità o meno del Protocollo d'Intesa e del relativo Atto allo schema tipico di un accordo ex articolo 15 della legge n. 241 del 1990 (circostanza che non attiene alle prerogative della scrivente in questa sede), ai fini della corretta qualificazione fiscale della somma giova piuttosto evidenziare che nell'ambito dell'Atto esecutivo la Società assume, nei confronti di Beta, determinate obbligazioni" (...).
In particolare "...il vincolo di effettiva corrispettività tra le somme erogate e l'attività finanziata, che riconduce l'erogazione nell'ambito dei rapporti contrattuali" è "desumibile anche dalla presenza in convenzione, all'articolo 9, del diritto di recesso (cfr. circolare 21 novembre 2013, n. 34/E)".
Di conseguenza "...si ritiene, pertanto, che la società istante riceva il "contributo" da Beta a titolo di remunerazione - ancorché nella misura dei soli costi sostenuti per la produzione - delle attività che si è impegnata a svolgere a favore di Beta nell'ambito dell'Atto esecutivo stipulato (....) In altri termini, si ritiene che le attività che l'Istante si impegna a svolgere e il rimborso dei soli costi sostenuti, si condizionano reciprocamente; in mancanza di tale rimborso, infatti, l'Istante, non si sarebbe impegnato a svolgere le prestazioni a favore di Beta (cfr. risposta interpello n. 226 del 1 aprile 2021). Ne consegue che il contributo in argomento assume natura di corrispettivo e, come tale, rientra nel campo di applicazione dell'IVA, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972".
L'Agenzia ricorda che "...secondo costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, una prestazione di servizi è effettuata "a titolo oneroso", ai sensi del citato articolo 2, paragrafo 1, e configura, pertanto, un'operazione imponibile, "soltanto quando tra l'autore di tale prestazione e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall'autore di tale prestazione costituisca il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario (...); ciò si verifica quando esiste un nesso diretto fra il servizio fornito dal prestatore e il controvalore ricevuto, ove le somme versate costituiscono un corrispettivo effettivo di un servizio individualizzabile fornito nell'ambito di un siffatto rapporto giuridico" (cfr. Corte di Giustizia CE, sentenza 23 marzo 2006, Causa Causa C-210/04, sentenza 3 marzo 1994, Causa C-16/93, sentenza 5 luglio 2018, C-544/16, e giurisprudenza ivi citata)". Inoltre "secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, "la circostanza che un'operazione economica venga svolta ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo è irrilevante ai fini della qualificazione di tale operazione come «negozio a titolo oneroso". Quest'ultima nozione presuppone, infatti, unicamente l'esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo" (in tal senso, Corte di Giustizia CE, sentenza 12 maggio 2016, causa C-520/14 e giurisprudenza ivi citata).
Quanto al fatto che la controparte dell'accordo si una società in house, l'Amministrazione ribadisce che "devono considerarsi organismi aventi una loro autonoma soggettività giuridica rispetto all'ente o enti di appartenenza (Risoluzione 8 marzo 2007, n. 37/E)".
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