Accesso del consigliere comunale ai dati dei contribuenti morosi
Il Ministero dell’Interno ha espresso parere (Parere n.25717 del 21.09.2023) in merito all’accesso del consigliere comunale ai dati dei contribuenti morosi. Il rispetto del bilanciamento tra la riservatezza dei dati ed il diritto d'accesso dei consiglieri agli atti comunali concernenti avvisi di pagamento, ecc., si può raggiungere attraverso l'ostensione degli stessi, previa "mascheratura" dei nominativi e di ciò che li individua. In particolare:
Si fa riferimento alla nota con cui una prefettura ha chiesto l'avviso di quest'Ufficio in materia di accesso agli atti, da parte dei consiglieri comunali, ai sensi dell'art.43, comma 2, del d.lgs. n.267/2000. In particolare, il comune ..., a seguito di istanza di accesso a firma di un consigliere di minoranza, capogruppo della lista "… Libera e Democratica", ha chiesto se sia ostensibile al predetto consigliere l'elenco dei contribuenti (persone fisiche e giuridiche) morosi, relativo alle posizioni contributive TARI, ACQUA, IMU, ecc..
Al riguardo, in via generale, si fa presente che, come più volte sostenuto dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/2000 che riconosce ai consiglieri il diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato.
Dal contenuto della citata norma si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, T.U.Enti locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90. Il T.A.R. Friuli Venezia Giulia-Trieste, Sez.I, con sentenza del 9 luglio 2020, n.253, pur riconoscendo il diritto del consigliere comunale di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del proprio mandato, diritto ampiamente affermato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto non assentibile "la pretesa dell'interessato, non assistita da alcun corrispondente obbligo di legge gravante sull'ente civico, di esercitare il diritto in questione nella modalità a lui più gradita", precisando che non si possono "invadere spazi intangibili di discrezionalità, né, tanto meno, sostituirsi all'Amministrazione in valutazioni di carattere organizzativo/funzionale che solo ad essa competono e che fuoriescono dal perimetro proprio della speciale forma di accesso spettante ai consiglieri comunali ex art.43 del d.lgs. n.267/2000".
Tuttavia, in merito alla questione segnalata, si evidenzia che il Consiglio di Stato, con la recente sentenza del 1° marzo 2023, n.2189, ha accolto il ricorso in appello proposto da un consigliere comunale che, ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni, chiedeva l'accesso agli atti dell'ente concernenti avvisi di pagamento, ingiunzioni, iscrizioni a ruolo, cartelle esattoriali ed altro. L'Alto Consesso ha ribadito che sul consigliere comunale non grava alcun onere di motivare le proprie richieste di accesso. Infatti, tale diritto riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all'esercizio delle loro funzioni e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività.
Sul consigliere, quindi, non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, e la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad "arbitro".
Il Consiglio di Stato, nel ribadire che la riservatezza non è opponibile ai consiglieri comunali, in quanto gli stessi sono tenuti al segreto d'ufficio ai sensi dell'art.43, comma 2, TUEL (cfr. anche sentenza TAR Lazio-Latina, 3 marzo 2023, n.49), ha comunque sottolineato l'importanza di un "equilibrato bilanciamento" tra la posizione del consigliere a poter esercitare pienamente e pressoché incondizionatamente il proprio mandato e la riservatezza dei terzi, i cui nominativi potrebbero formare oggetto di ostensione.
Il giudice amministrativo ha, pertanto, ribadito che il rispetto di un equilibrato bilanciamento - principio più volte richiamato dalla giurisprudenza amministrativa, in particolare dall'Alto Consesso con la pronuncia dell'11 marzo 2021, n.2089 - si può utilmente raggiungere attraverso l'ostensione di tutti gli atti richiesti, previa "mascheratura" dei nominativi e di ogni altro dato idoneo a consentire l'individuazione degli stessi. Ha precisato, altresì, che l'amministrazione comunale non può limitarsi a fornire documenti di sintesi e dati aggregati in quanto tale forma di comunicazione non darebbe al consigliere la possibilità di effettuare una verifica effettiva sulla gestione dell'attività dell'ente. Si rileva, quindi, che il diritto di accesso del consigliere, seppur più ampio rispetto all'accesso agli atti amministrativi previsto dall'art.7 della legge n.241/1990, non può esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall'ordinamento meritevoli di tutela. Sul punto il Consiglio di Stato, con sentenza n.4792 del 22.6.2021, ha evidenziato che l'esercizio del diritto di accesso di cui all'articolo 43, comma 2, TUEL deve essere letto ed interpretato in stretto rapporto con l'art.42 del medesimo TUEL; pertanto, il suddetto limite implica che il diritto di conoscenza del consigliere debba porsi in rapporto di strumentalità con la funzione 'di indirizzo e di controllo politico-amministrativo', propria del consiglio comunale. I dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità realmente pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto secondo quanto previsto dalla legge e nel rispetto dei principi in materia di privacy.
Quindi, non è sufficiente rivestire la carica di consigliere comunale per avere diritto all'accesso, ma è necessario, come prescritto dall'art.43 TUOEL, che la domanda muova da una effettiva esigenza del consigliere affinché tutte le informazioni e le notizie acquisite siano utili all'espletamento del proprio mandato. Il rapporto sinergico fra il diritto di accesso ed il diritto alla privacy rappresenta due interessi e diritti di primario e pari rango che, in quanto tali, sono meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico. Ciò premesso, nel caso in esame si dovrà assicurare il ragionevole bilanciamento tra il diritto di esercitare pienamente il mandato elettivo e la protezione dei dati personali dei soggetti coinvolti nella richiesta di accesso, individuando soluzioni, come quella sopra evidenziata della "mascheratura", che contemperino il diritto dei consiglieri sancito dall'art.43 TUOEL con i principi giurisprudenziali richiamati.