Accesso agli atti: tutela dei segreti tecnici e commerciali – le regole del nuovo codice
Il TAR Lazio con sentenza n. 3811/2024 pubblicata il 26.2.2024, decidendo sull’annullamento di un parziale diniego all’accesso agli atti, al quale non poteva essere applicato ratione temporis il Nuovo Codice degli Appalti, ha tuttavia chiarito alcuni punti relativi alla nuova disciplina contenuta nell’art. 36 comma 2 del D.lgs. 36/2023.
In particolare il TAR non condivide l’assunto secondo cui detto articolo abbia “rimosso ogni ostacolo alla conoscenza integrale delle reciproche offerte da parte delle imprese che occupano i primi cinque posti in graduatoria”, infatti, la norma in esame deve essere inserita all’interno di una più articolata disciplina relativa alle regole procedimentali e processuali dell’istituto dell’accesso agli atti e, pertanto, è necessaria una lettura sistematica, armonizzando l’effettiva semplificazione del procedimento dovuta all’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione con “un’invariata tutela dei segreti tecnici e commerciali, alla quale sono dedicati i successivi commi”.
A parere del Collegio infatti, l’accoglimento delle eventuali “richieste di oscuramento di parti delle offerte” produce, evidentemente, effetti nei confronti di tutti i concorrenti e, quindi, anche per i primi cinque in graduatoria, ancorché ciascuno di essi goda di un canale più veloce per l’accesso alla documentazione degli altri quattro, ma pur sempre “al netto” dei segreti tecnici e commerciali”.
Viene, inoltre, rilevato che l’art. 36 richiamato dal ricorrente, prevedendo all’ultimo comma che il dies a quo per impugnare l’aggiudicazione decorre “comunque” dalla comunicazione di cui all’art. 90, offre un appoggio per un ridimensionamento dell’interesse all’accesso una volta che siano spirati i termini per contestare in giudizio l’aggiudicazione, consentendo di superare definitivamente la tesi, secondo cui “la consumazione del termine decadenziale di impugnazione e il consolidamento degli atti di gestione della gara potrebbero non verificarsi laddove risulti pendente un’istanza di accesso tempestivamente presentata e concretamente idonea a determinare una dilazione temporale, la quale si verifica nel caso in cui i motivi di ricorso conseguano effettivamente alla conoscenza dei documenti richiesti”.
Secondo l’interpretazione del TAR, pertanto, non sembrano condivisibili “interpretazioni atomistiche” dei singoli commi dell’articolo in esame la quale fornisce solo una visione parziale dell’istituto che nei fatti ha una “fisionomia ben più complessa”.
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