Accesso agli atti solo se connesso all'attività di consigliere comunale
Il Ministero dell’Interno ha risposto, con parere n.12615 del 27/04/2023, a un quesito in materia di accesso agli atti dei consiglieri comunali evidenziando che l'accesso agli atti del consigliere può essere chiesto se connesso all'attività di consigliere comunale. Qualora si riferiscano ad interessi privati del consigliere, possono essere richiesti secondo la legge n.241/1990 o il d.lgs. n.267/2000 e normativa sull'accesso civico generalizzato. In particolare:
Con nota del 30 marzo 2023 il sindaco, atteso che un consigliere di minoranza opera continui accessi agli atti del comune, con richieste di stampa del protocollo settimanale, ha chiesto se possa consentire solo la presa visione del protocollo e se possano negarsi le copie di atti che coinvolgono direttamente il predetto consigliere.
Al riguardo, si premette che il Consiglio di Stato con una recente pronuncia ha ribadito che "è principio pacifico quello per cui l'accesso agli atti, ex art.43 d.lgs. n.267 del 2000, da parte dei consiglieri comunali costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell'amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali ma generali, ed è pertanto espressione del principio democratico dell'autonomia locale" (Cons. Stato-sez.V, sentenza n.8667 del 10/10/2022).
Già il Consiglio di Stato-sez.IV, con sentenza n.4792 del 22 giugno 2021, aveva precisato che l'esercizio del potere di accesso di cui all'art.43, comma 2, TUOEL è finalizzato "all'espletamento del mandato" e, pertanto, deve essere letto ed interpretato in stretto rapporto all'art.42 del medesimo TUOEL. Il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva deve, quindi, porsi in rapporto di strumentalità con la funzione "di indirizzo e di controllo politico-amministrativo", di cui nell'ordinamento dell'ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art.42, c.1, t.u.e.l.), ed alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell'organo elettivo (art.43). Il diritto del consigliere comunale all'accesso agli atti dell'ente locale ex art.43, c.2, D.Lgs. n.267/2000 non è, dunque, incondizionato (Cons. Stato-sez.V, 11 marzo 2021, n.2089). Infatti, l'articolo 43 t.u.e.l. non impone l'estrazione di copia di tutta la documentazione richiesta, ma consente genericamente ai consiglieri comunali di "ottenere" tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del loro mandato.
L'Alto Consesso con la citata pronuncia n.4792/2021 ha ritenuto corretto, nel caso esaminato, l'operato dell'amministrazione comunale che aveva assolto all'informazione del consigliere avendogli garantito la possibilità di visionare i documenti richiesti senza, tuttavia, estrarne copia. In merito, il TAR Veneto-sez.I, con sentenza del 29 aprile 2020 n.393, ha avuto modo di precisare che sono da ritenere non coerenti con il mandato dei consiglieri comunali le istanze di accesso che, per il numero degli atti richiesti e per l'ampiezza della loro formulazione, si traducano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti in possesso degli uffici, in quanto siffatte richieste "... si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo" demandate dalla legge ai consigli comunali (cfr. Consiglio di Stato-sez.V, 28 novembre 2006, n.6960).
L'azione amministrativa deve ispirarsi al principio di economicità e pertanto, nell'esaminare le domande di accesso, l'Amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura. Alla luce, tra l'altro, della sentenza del Consiglio di Stato-sez.V, 11 marzo 2021, n.2089, "il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali".
Sul punto, si segnala quanto espresso dal TAR Lazio, sez.I, che con sentenza del 3 febbraio 2023 n.49 ha ribadito che "il diritto di accesso come concepito dal legislatore deve incontrare comunque un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l'efficacia e l'efficienza dell'operato dell'amministrazione locale." La pronuncia sopra richiamata ribadisce alcuni principi importanti da rispettare: da un lato il consigliere non può presentare istanze di accesso generalizzato ed indiscriminato a tutti i dati di un determinato settore dell'amministrazione, dall'altro il comune non può opporre alcun limite fondato sul richiamo alla protezione dei dati personali essendo tenuto il consigliere comunale al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, per cui sarà quest'ultimo a mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della diffusione illecita.
I principi sopra citati (bilanciamento fra le posizioni contrapposte, protezione dei dati personali) sono stati richiamati anche nella recente pronuncia del Consiglio di Stato-sez.V, del 1° marzo 2023, n. 2189, con la quale è stato ribadito che il diritto di accesso "riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all'esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente locale (Cons. Stato-sez.IV, 21 agosto 2006, n.4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) ...".
Infine, in merito al parere chiesto sull'accesso agli atti che coinvolgono direttamente il consigliere richiedente, si ritiene che gli stessi possono essere chiesti se connessi all'attività di consigliere comunale. Nel caso gli atti si riferiscano ad interessi privati del consigliere, gli stessi possono essere richiesti con le modalità previste dalla legge n.241/1990, in presenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, o sulla base dell'articolo 10, comma 2, del d.lgs. n.267/2000 e della normativa che consente l'accesso civico generalizzato.