Accesso agli atti e dies a quo per l’impugnazione degli atti di gara nel nuovo codice appalti
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 8352/2024 ha affrontato il problema del giorno dal quale deve essere computato il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’aggiudicazione, ritenuta illegittima a seguito della ricezione della documentazione ottenuta mediante richiesta di accesso agli atti. In particolare se il dies a quo deve essere considerato comunque la data di comunicazione dell’esito della gara oppure dal momento di effettiva messa a disposizione della documentazione.
Il Consiglio di Stato, premettendo che all’appalto oggetto di causa è applicabile ratione temporis il D. Lgs. n. 36/2023, ha osservato che l’art. 209, del citato decreto (che ha sostituito l’art. 120 del previgente codice) al comma 1, lett. a) “detta disposizioni specifiche per i giudizi aventi a oggetto le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento, anche in concessione, di pubblici lavori, servizi e forniture” ed al successivo comma 2, dispone che “Per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, sono proposti nel termine di trenta giorni. Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 90 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell'articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice”.
L’art. 90 del D.lgs. 36/2023 stabilisce, al comma 1 che: “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall'adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l'aggiudicazione all'aggiudicatario;
c) l'aggiudicazione e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato l'appalto o parti dell'accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l'esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell'offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c)”
Mentre il citato art. 36 del medesimo D.lgs., nei primi due commi, prevede, a sua volta, che “L'offerta dell'operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all'aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all'articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione ai sensi dell'articolo 90” e che “Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
Dall’analisi dalla trascritta disciplina processuale il Consiglio, con la sentenza in esame, ha concluso che “il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono” la normativa, infatti, normativa, persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio” e si pone in linea con l’orientamento espresso dalla giurisprudenza europea.