Accantonamento e soccorso finanziario sono due cose diverse
La Corte Conti Emilia Romagna, con parere n. 67/2022, affronta il tema dei rapporti finanziari tra le società pubbliche e gli enti partecipanti nell’assetto normativo composto da un lato dagli artt. 2325 e 2462 cod. civ. e dall’altro dagli artt. 14, c. 5 e 21 del TUSP. Per i primi, applicabili anche alle società partecipate pubbliche, delle obbligazioni sociali rispondono solamente le società di capitali con il loro patrimonio salvi gli eccezionali casi in cui si può delineare la responsabilità illimitata del socio unico; con i secondi, si pongono dei limiti all’intervento finanziario delle amministrazioni partecipanti qualora la società partecipata registri per tre esercizi consecutivi perdite di esercizio o abbia utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali, salva la ricorrenza delle condizioni derogatorie che, per contro, tale intervento consentano (art. 14, c. 5) ed è previsto l’accantonamento di appositi fondi, da parte del socio, in caso di risultato di esercizio negativo della partecipata; accantonamenti che vengono liberati nel caso in cui, in particolare, l’ente dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione (art. 21).
Peraltro, tali norme sono chiaramente finalizzate alla dinamica salvaguardia degli equilibri finanziari ma non comportano l’automatico obbligo di ripiano delle perdite o l’assunzione dei debiti della partecipata, poiché gli accantonamenti ex art. 21 Tusp non hanno eliso i limiti al soccorso finanziario, né la necessità della dimostrazione da parte del socio, in caso di soccorso finanziario, della sussistenza di un particolare interesse a coltivare la società partecipata, sotteso, in particolare, alla capacità della stessa di ritornare in bonis.
Con riguardo, pertanto, all’accollo di debiti già maturati da una società partecipata con riferimento alla quale la decisione dell’ente di dismissione della propria quota e di messa in liquidazione della stessa ha già dato evidenza dell’impossibilità di realizzazione della sua mission istitutiva, viene meno l’obbligo di accantonamento ex art. 21, attesa altresì l’impossibilità di continuità aziendale, e non può darsi luogo ad un soccorso finanziario, non ricorrendo le condizioni previste dall’art. 14 Tusp.
La delibera Corte Conti sottolinea peraltro che l’eventuale decisione dell’ente di procedere al soccorso, pur non sussistendone i presupposti ex artt. 14, c. 5 e 21 Tusp, evidenzierebbe una palese intrinseca contraddizione rispetto alla precedente determinazione dismissiva (la cui importanza e centralità in ottica programmatoria è principio consolidato nella giurisprudenza contabile) che vizierebbe irrimediabilmente sotto il profilo funzionale e della legittimità il provvedimento di intervento finanziario.