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Equo compenso: ANAC sollecita l’intervento del Legislatore

L’Autorità interviene nuovamente sulla questione equo compenso inviando una nota alla Cabina di Regia richiedendo un intervento urgente.

Nella nota, inviata anche al Ministro dell’Economia e al Ministro delle Infrastrutture, ANAC definisce la questione sull’equo compenso “rilevante e necessita di tempestiva soluzione” sottolineando l’urgenza di “un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni che possa consentire la corretta e uniforme applicazione della normativa di riferimento” precisando che “in mancanza di diverse indicazioni interpretative Anac procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate”.

Per quanto concerne i requisiti speciali per la partecipazione alle gare, Anac “conferma l’esistenza di un vuoto normativo superabile soltanto con un intervento del legislatore. Nel frattempo, l’Autorità ritiene opportuno invitare le stazioni appaltanti ad adottare comportamenti volti a favorire la massima partecipazione e a scongiurare l’adozione di comportamenti discriminatori” e avuto riguardo del favor partecipationis, l’Autorità suggerisce di “far riferimento, nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, alle indicazioni fornite nelle Linee guida n. 1 e al dettato del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese".

In relazione alla disciplina sull’equo compenso l’Autorità ritiene che le norme contenute nel Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 36/2023) e nella legge n. 49/2023 necessitano di essere tra loro coordinate mediante un’interpretazione volta ad evitare contrasti.

L’Anac sottolinea che “la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei” rilevando, inoltre, che il codice dei contratti pubblici persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023 dovendosi però orientare nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati e delle modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica, prevedendo l’applicazione “di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)”.

Secondo l’Autorità interpretando in tal senso il quadro normativo il medesimo “appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo. Sotto quest’ultimo profilo occorre considerare che l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”.

L’Anac, inoltre, evidenzia come la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza, infatti, secondo la Corte di Giustizia (sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017) “in materia di compensi professionali, l'indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell'Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi” la successiva sentenza del 25/1/2024, Causa C-438/2022, seguendo il medesimo orientamento, precisa che “le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza”.

L’Autorità compie poi una ricognizione dell’ambito di applicazione della legge n. 49/2023 che è quello relativo “ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile (contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio” sottolineando che la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, è essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche e limitandola alle sole spese generali o all’elemento qualitativo si rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza.